Pressure sores: an emerging problem in neuro rehabilitation

La lesione da pressione è un’area localizzata di danno della cute e dei tessuti sottocutanei causata da forze di pressione, trazione, frizione, o da una combinazione di questi fattori, che si forma normalmente in corrispondenza di prominenze osse e la cui gravità è classi­ficata in stadi.

La stima di tale fenomeno varia in rapporto al setting assistenziale conside­rato” spiega il Direttore del Dipartimento, Dottor Luigi Pisani “in alcuni reparti per acuti l’incidenza può arrivare fino al 38%, mentre nelle RSA si rileva una percentuale media massima intorno al 24%”. La varia­bilità di tali dati è giustificabile se si pensa a quali siano i fattori di rischio di tale pato­logia, ovvero una prolungata pressione del peso corporeo su di un piano d’appoggio, l’immobilità, l’incontinenza, ma anche le malattie neurologiche degenerative, le pa­tologie traumetiche, la malattia diabetica, la malnutrizione, nonchè l’invecchiamen­to. Quest’ultimo fattore gioca sicuramente un ruolo importante in relazione al fatto che pazienti più anziani hanno spesso una situazione più compromessa e non sono autosufficienti. Le patologie descritte ri­flettono il target di degenti che accedono alle strutture neuro riabilitative e le lesioni da pressioni costituiscono una comorbi­lità severa, condizionante la prognosi del trattamento riabilitativo dei pazienti che ne risultano affetti, e ciò fa sì che possano essere considerate a giusto titolo un indica­tore di buon funzionamento di un Reparto di Riabilitazione.
È facilmente intuibile come la cura delle lesioni induca un impegno in termini di risorse umane, materiali e tecnologie, rap­presentando un problema gestionale per il Servizio Sanitario Nazionale, con dei costi assistenziali diretti ed indiretti molto si­gnificativi che possono essere ampiamente abbattuti applicando in modo più rigoroso e tempestivo i protocolli di prevenzione at­tualmente disponibili.
Coerentemente con tali premesse nell’am­bito del Dipartimento di Scienze Neuro Riabilitative, si prevede un’attenta ed ac­curata valutazione vulnologica, sia all’in­gresso, che durante tutto l’iter riabilitativo. È stato istituito un team multidisciplinare “vulnologico”, con lo scopo di prevenire, diagnosticare, trattare e gestire la lesione nel modo più efficace ed appropriato. Nel team sono comprese le seguenti figure pro­fessionali: il personale medico (Internista, Fisiatra, Infettivologo, Dermatologo, Chi­rurgo), il personale Infermieristico e Socio­Assistenziale, il Microbiologo, il Fisiotera­pista ed il Farmacista.
“L’iter di prevenzione e cura inizia al mo­mento della presa in carico di ciascun pa­ziente” afferma lo Specialista del Diparti­mento, Dott. Giuliano Franco, “al momento del ricovero viene effettuata una attenta va­lutazione clinica ad opera dell’Infermiere in base ad una scala che codifica il rischio, Scala di Braden, corredata successivamen­te dallo screening nutrizionale operato dal Medico responsabile delle cure, a seguito del quale viene definito un Piano di Tratta­mento Individuale che garantisca di soddi­sfare il fabbisogno idrico, energetico e pro­teico, con particolare attenzione all’apporto di amminoacidi ad alto potere biologico”.
Un ruolo fondamentale nella prevenzione della lesione è giocato dal personale infer­mieristico e socio-assistenziale in relazione allo stretto rapporto che si instaura col pa­ziente. L’attuazione del piano di prevenzio­ne prevede: l’educazione e l’addestramen­to del paziente, la cura della cute (ovvero l’igiene e l’idratazione), la prevenzione della macerazione in pazienti con presidi per l’incontinenza, la valutazione dello sta­to nutrizionale, nonchè la mobilizzazione e la posturazione in collaborazione con il Fisioterapista, così come da schema con­cordato con il Fisiatra a cui spetta l’ulte­riore compito di individuare i presidi più idonei.
Per la gestione del trattamento della lesio­ne, Medico e Infermiere operano secondo procedure interne che, dopo la fase di de­tersione e disinfezione, prevedono l’appli­cazione dei principi del protocollo T.I.M.E. (dall’inglese Tissue, Infection or Inflam­mation, Moisture imbalance, Epidermal margin).
Tale protocollo definisce come intervenire nelle diverse fasi di sbrigliamento, infezio­ne-infiammazione, gestione dell’essudato e riepitelizzazione.
Qualora si manifestasse una ferita infetta, di fondamentale importanza è l’esame col­turale e il confronto con il Microbiologo diretto all’identificazione degli agenti pa­togeni responsabili dell’infezione; segue l’impostazione di una terapia che, nei casi più gravi, può richiedere la consulenza dell’Infettivologo.
In tutto questo processo la figura del Far­macista funge da legante fra le varie figure professionali e, soprattutto, assicura l’ade­renza al protocollo, attraverso il monito­raggio delle prescrizioni, nonchè tramite consulenze di reparto.
Il Farmacista ha inoltre il compito di di­stricarsi tra i tanti prodotti farmacologici e device dedicati presenti sul mercato, ope­rando scelte volte a garantire una costante innovazione pur rispettando principi di far­maco economia basati su valutazioni di co­sto/efficacia, atti alla razionalizzazione dei costi, mantenendo comunque una elevata qualità di assistenza.
Le principali innovazioni utilizzate per la gestione delle Lesioni da pressione nel Di­partimento sono: le Medicazioni Avanzate, le Superfici Antidecubito e la Terapia a Pressione Negativa.

Medicazioni Avanzate

Con il termine medicazione avanzata si definisce un materiale di copertura che abbia caratteristiche di “biocompatibi­lità”: qualità che si identifica nell’in­terazione del materiale con un tessuto, finalizzata alla guarigione della lesione cutanea.
La medicazione ideale è quella in grado di creare l’ambiente “umido”, ottimale per la ricostruzione del tessuto connetti­vo esposto ed in grado di dare inizio al processo di guarigione.

Le superfici Antidecubito

La caratteristica principale di una super­ficie antidecubito risiede nella sua capa­cità di contrasto nei confronti delle cause estrinseche favorenti l’insorgenza della le­sione cutanea.
La scelta della superficie più idonea rap­presenta un elemento di assoluta criticità e deve basarsi sulla valutazione complessiva dell’individuo.
Pertanto in relazione al grado di rischio in­dividuato ed all’eventuale presenza e gra­vità delle lesioni cutanee, andrà scelta la superficie antidecubito più adatta.
Le possibilità di scelta vanno dalle super­fici meno performanti come i materassi in lattice alveolato alle superfici dinamiche a pressione alternata.
Nei casi più complicati dobbiamo ricorrere ad una superficie tecnologicamente molto avanzata come la “bassa cessione d’aria”. Con questo tipo di ausilio assicuriamo una sorta di effetto “galleggiamento” che ci as­sicura un’altissima protezione del paziente. Una ulteriore possibilità risiede nell’utiliz­zo del sistema a “pressurizzazione aperta” che oltre a garantire un’efficace protezione del paziente presenta in grande vantaggio di non richiedere l’alimentazione elettrica.

Terapia a pressione negativa

La terapia a pressione negativa è una tecnica in grado di promuovere la guarigione delle lesioni attraverso l’applicazione una pres­sione negativa (vuoto) al letto della ferita, per tramite di un interfaccia.
I pricipali obiettivi di tale terapia sono: il riavvicinamento dei lembi della ferita, la rimozione del materiale infetto e la promo­zione attiva della formazione di tessuto di granulazione.
Alla luce di quanto esposto si comprende come solo con un lavoro multidisciplinare combinato con un uso razionale di tecno­logie innovative e con un appropriato sup­porto farmacologico, si ottenga una rapida ed efficace guarigione delle lesioni, miglio­rando così la qualità della vita del paziente in maniera economicamente conveniente.